L'iperomocisteinemia, un emergente fattore di rischio per l'ictus
L'iperomocisteinemia è un emergente fattore di rischio per la malattia dell'arteria carotidea ( aterosclerosi ) e per l'ictus.
Inoltre sembra rappresentare un fattore di rischio anche per l'Alzheimer e per la demenza vascolare.
Alti livelli plasmatici di omocisteina, un aminoacido solforato, causano complessi cambiamenti a livello della parete dei vasi sanguigni.
Alti livelli di omocisteina producono: stress ossidativi, effetti proinfiammatori sull'espressione del TNF-alfa e su iNOS, e disfunzione endoteliale.
Lo stress ossidativo, indotto dall'iperomocisteinemia, può presentarsi come un risultato della ridotta espressione e/o attività degli enzimi antiossidanti così come un aumento della formazione di anione superossido.
I livelli di omocisteina circolanti sono determinati da fattori genetici o sono associati alla dieta.
Sono state individuate alterazioni genetiche a livello degli enzimi coinvolti nella via metabolica dell'omocisteina ( cistationina-beta-sintasi ( CBS ), metilentetraidrofolato-reduttasi ( MTHFR ), metionina-sintasi ( MS ) ).
Studi su modelli animali hanno dimostrato che l'omocisteina, o il suo metabolica S-adenosilomocisteina, può essere il mediatore che produce disfunzione vascolare cerebrale.
Il livello di iperomocisteinemia, necessario a produrre disfunzione endoteliale nei microvasi cerebrali, sembra essere più bassa di quella necessaria a produrre simili disfunzioni a livello dell'aorta.
Inoltre, bassi livelli di iperomocisteinemia sono in grado di produrre ipertrofia a livello vasale, alterando la capacità di vasodilatazione.
L'iperomocisteina può produrre disfunzione vascolare e promuovere lo stress ossidativo aumentando i livelli della dimetilarginina asimmetrica ( ADMA ), un inibitore endogeno dell'ossido nitrico sintasi ( NOS ).
L'ADMA inibisce il rilassamento endotelio-dipendente dei vasi cerebrali.
Nel corso di iperomocisteinemia potrebbe prodursi una DNA ipo metilazione, con alterazioni nell'espressione genica.( Xagena_2004 )
Fonte: Faraci FM, Lentz SR, Stroke 2004; 35: 345 - 347
MedicinaNews.it